Qualche anno fa ho deciso che il passo successivo all'ideazione di un capo di abbigliamento per bambini, al disegno, alla preparazione della scheda tecnica con l'istruzione del tessuto, degli accessori e del pack, alla visione del capo realizzato ed eventuale modifica per renderlo vendibile, sarebbe dovuto essere proprio il contatto diretto con il cliente finale. Cosa sapevo io veramente del cliente? Cosa ne sapevo dei bisogni di un genitore quando comprava un capo per il proprio pargoletto? Ecco, prima di avere io stessa una figlia, posso onestamente ammettere che non ne sapevo assolutamente niente! Ogni capo che disegnavo seguiva altri standard: mi piaceva, era simile a quello più venduto la stagione precedente, seguiva le linee guida delle nuove tendenze. I quaderni di tendenza scrivevano che quell'anno per i neonati era di moda il nero? E nero doveva essere! Quanti genitori avrebbero comprato un capo nero per un neonato? Pochissimi, credete a me. E i bottoni per allacciare i pantaloni dei bambini all'asilo o in età scolare? Bisognava metterli, perchè erano fashion, ma poi le mamme sentivano le maestre lamentarsi perchè a quell'età non erano ancora autosufficienti e quindi i bottoni erano in po' come le stringhe per le scarpe. Certo, le scarpe con la chiusura a strappo non sono certo trendy, ma voglio vedere lo stilista, quando avrà un bambino, allacciare tutte le mattine le scarpe al proprio figlio mentre quello scalpita perchè non vuole andare a scuola ed è in ritardo. Spesso a tutti quelli che studiano i prodotti manca il contatto diretto con il cliente. Io ne sentivo l'esigenza, perchè in effetti tutto parte proprio dal cliente, dai suoi bisogni. Così ho aperto un'attività di vendita di capi per bambini. E il feedback è davvero interessante: i commenti diretti sugli acquisti, le richieste, le esigenze, sono tutti insegnamenti che aiutano a crescere nel mio lavoro, che mi caricano di entusiasmo.
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